"Feci sì che la donna egizia potesse andare per la sua strada;i suoi viaggi furono estesi fino dove voleva,senza che nessun altro la assaltasse lungl il cammino".Ramses III
La donna egizia era considerata "la signora della casa"; se si trattava di una donna del popolo, si occupava della macinatura dei cereali e della preparazione della birra, della filatura e della tessitura del lino; se apparteneva alla nobiltà, invece, sovrintendeva al lavoro delle ancelle. La donna condivideva con il marito la vita sociale e disponeva di un patrimonio che portava in dote allo sposo, ma che un contratto le restituiva in parte in caso di vedovanza. Per legge il marito era tenuto a mantenere la propria moglie. La sua posizione giuridica non differiva da quella dell'uomo. Si preoccupava assieme allo sposo dell'educazione dei figli ed in particolare le era affidata l'educazione della figlia femmina. Si sposava molto giovane, spesso con un uomo più anziano di lei. Solitamente il matrimonio era combinato dai genitori. I due sposi potevano essere consanguinei e appartenevano sempre allo stesso ceto sociale. Colui che sposava una schiava, viveva al di fuori della legalità e i loro figli erano considerati schiavi. All'interno dell'harem, la donna in apparenza godeva di molti agi, ma in realtà era costretta in uno stato di confinamento. Il matrimonio era una semplice festa tra le due famiglie e si concludeva con il trasferimento della sposa a casa del marito. Contratti scritti sono riferibili solo all'età tarda. In caso di divorzio il marito passava degli alimenti alla moglie nella misura di un terzo rispetto alla quota definita nell'accordo iniziale. Cause principali di divorzio erano l'adulterio e la sterilità. Se l'infedeltà del marito era tollerata era possibile che egli prendesse una seconda moglie, al contrario se l'adultera era la moglie veniva frustata e subiva l'amputazione di un orecchio o del naso. La donna aveva diritto dopo la morte ad una tomba tutta sua al pari dell'uomo.
(da www.anticoegitto.net)
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