lunedì 29 dicembre 2008

Gli alberi

Ho scoperto recentemente con mia grande soddisfazione che gli alberi erano sacri nell'antichità e che, perciò, con l'avvento del cristianesimo venivano abbattuti senza remore perchè considerati "demoniaci" (come tutto ciò che era sacro prima del cristianesimo).
Dentro di me c'è una forte venerazione per gli alberi.
Che cosa rappresenta l'albero?
Se ci penso l'albero è ancorato, legato alla Terra ma svetta verso il cielo, vede il sole e il cielo, il sereno e le nuvole.
La foresta (o il bosco) è un insieme di alberi, ed è un posto sacro, dove il divino si sente in maniera molto forte. Non è un caso se molte "favole"hanno i protagonisti che devono attraversare un bosco (o una foresta), cioè passare attraverso il sacro. Riunirsi alla propria parte sacra che è stata smarrita o non si conosce.
L'albero è la forza e la possanza della Terra, assicura ombra, stabilità, legname ed è un legame forte con la Terra, un legame con la Madre, che nutre e sostenta.
L'albero, che impiega molti anni per crescere, compie un percorso, un cammino che lo porta dalla terra, nella quale è ancorato e si nutre, al cielo, dal quale riceve sole e acqua.
Un albero offre riparo agli uccelli, spesso messaggeri divini.
Allora mi sembra che possa diventare per estensione un tempio naturale . Perchè esso è sacro, accoglie i messaggeri della divinità e offre uno spazio attorno a sè che è ottimo per la meditazione.
Quindi diventano a tutti gli effetti un "luogo" sacro e perciò abbattere o bruciare un albero per sfregio o per calcolo è compiere un'azione terribile, un sacrilegio.
L'albero che svetta verso il cielo compie il cammino di chi va verso il sacro ma non perchè il cielo è sacro e la terra no. E' solo un parlar figurato il mio.
Perchè dobbiamo imparare che la Terra è sacra. E' una madre che nutre e ospita, non la si può inquinare, deturpare, impoverire, isterilire senza subirne le conseguenze di questi gesti scriteriati.
Gli egiziani antichi parlavano di dio terra e dea cielo.
Mentre noi diciamo dea la Terra, femmina la terra e dio il cielo, per estensione dove c'è il Dio maschile.
Quindi siamo arrivati a credere che la Terra non è importante e la si può sfruttare e devastare, perchè è "femminile"

domenica 28 dicembre 2008

Il corvo, messaggero divino

"In Irlanda era l’animale legato al dio Lug ed anche l’animale che appariva, non per caso, negli auspici della fondazione della città di Lione. Il corvo nella mitologia di quei popoli era un messaggero dell’oltretomba mentre Lug era un un dio luminosoNell’Urheimat, la nordica patria d’origine dei popoli indoeuropei, il corvo doveva solcare con la sua nera figura il cielo. Il suo simbolismo è duale, essendo collegato sia con la saggezza, la preveggenza e la lungimiranza, sia con la morte e la distruzione: le sue peculiarità lo fanno animale solare e notturno al tempo stesso.Particolare importanza riveste nella mitologia nordico-germanica e in quella celtica. Tra i Germani i corvi sono sacri a Wotan-Odino, e i suoi due corvi Huginn e Muninn ("pensiero" e "memoria") volano nel mondo a raccogliere ogni informazione, per poi tornare a riferirla al dio sovrano.Il corvo è spesso associato agli occhi: non solo per via della sua capacità di lungimiranza, ma anche perché gli occhi sono il suo primo pasto quando si imbatte nei caduti in battaglia; inoltre i suoi occhi hanno potere medicamentoso. Nella mitologia greca il carattere solare si manifesta nel fatto che è messaggero di Helios-Apollo e collegato a Crono, ad Atena e a Asclepio-Esculapio; i corvi predissero la morte di Platone, come a Roma quelle di Tiberio e Cicerone.Nell'Estremo Oriente e in Oceania, esisteva un dualismo cosmologico che metteva in opposizione due principi, da una parte la luce, il Sole, e il fuoco, dall'altra il buio, la Luna e l'acqua. Il primo principio era generalmente rappresentato da un uccello. In Cina era un corvo.Il dio Brahma, nella religione hindu, si manifesta anche sotto le sembianze del corvo. TULUGAUKUK è il corvo padre nella mitologia eschimese.Il primo Cristianesimo rinfacciava al corvo di non avere informato Noè della fine del diluvio, diventando il simbolo di chi, dominato da smanie mondane, rinvia la propria conversione, ed esclama come il corvo cras, cras cioè “domani, domani”.Il Corvo (in latino Corvus) è una piccola costellazione meridionale, con solo 11 stelle visibili ad occhio nudo È una delle 88 costellazioni moderne, ed era una delle 48 costellazioni elencate da Tolomeo" FONTE: elival64 http://it.answers.yahoo.com/question/index?qid=20070831153638AAyasUn

La morrigan

La Morrigan La "Regina delle Illusioni" o "dei Fantasmi" appartiene al gruppo delle dee della guerra irlandesi. Le altre sono Nemhain, Badbh e Macha. Esse condividono la caratteristica di apparire in forma singola o triplice e di combinare un ruolo sessuale a quello guerresco. Queste divinità non ingaggiano battaglia personalmente ma condizionano psicologiamente gli eserciti con la loro spaventosa presenza. In buona misura le diverse dee di questo gruppo sono intercambiabili. Ad esempio la Morrigan e la Badbh si trasformano in corvi e cornacchie sui campi di battaglia. La capacità di passare alla forma umana a quella animale o di modificare il proprio aspetto umano è un tratto comune a diverse dee irlandesi: le tradizioni relative alla Morrigan sottolineano questo aspetto della sua natur, ben esemplificata in un racconto connesso a Cù Chulainn. L'eroe dell' Ulster incontra la Morrigan sotto la forma di una bellissima fanciulla che gli confessa il suo amore. Egli la respinge ed ella, per vendicarsi, lo assale trasformandosi successivamente in anguilla, in lupo e in una giovenca rossa senza corna. L' eroe riesce a respingerla, e quando ormai stremato, la Dea gli appare in forma di vecchia che munge una mucca. Quando la donna gli da del latte, Cù Chulainn la benedice, ed essa guarisce dalle ferite. Ma è in forma di uccello necrofago che compare con maggiore frequenza. In questa forma si posa sulla spalla dell' eroe dell' Ulster quando muore. In aggiunta ai suoi attributi guerreschi, la Morrigan possiede un potente simbolismo sessuale e di fertilità. Ciò è evedente nel suo tentativo di seduzione. In un racconto, la Morrigan si accoppia ritualmente con il Dio Daghda. In questo caso ella rappresenta la dea della fertilità che si unisce con il dio protettore delle tribù. Un altro aspetto del carattere della Morrigan riguarda il suo ruolo di profetessa. Nel corso della guerra tra il connacht e l'Ulster, ella avverte il Toro Bruno di Cualinge del destino che lo aspetta. Dopo l'accoppiamento con il Daghda, la Morrigan consiglia il dio su come comportarsi con i Fomori, i nemici dei Tuatha Dè Danann. Quando questi ultimi risultano vincitori, ella si lascia andare a profezie apocalittiche. Come la Badbh, la Morrigan appare come "lavandaia al guado", figura del destino che predice ai guerrieri la loro morte, lavandone le armi e le armature. Come ultima caratteristica, la Morrigan è in grado di fare incantesimi: possiede una mandria di mucche fatate e, come narra una leggenda, getta su una donna mortale, Odras, trasformandola in un pozzo d'acqua, poichè il toro di questa di è accoppiato con una delle sue mucche. La punizione è forse causata dall' unione tra ciò che è immortale e ciò che non lo è.

sabato 27 dicembre 2008

Iside la Dea, la Maga, la Madre

Iside, venerata spesso in associazione con il dio Serapide, fu una delle divinità più famose di tutto il bacino del Mar Mediterraneo. Dall'epoca tolemaica la venerazione per la dea, simbolo di sposa e madre e protettrice dei naviganti, si diffuse nel mondo ellenistico, fino a Roma. Il suo culto, diventato misterico per i legami della dea con il mondo ultraterreno e nonostante all'inizio fosse ostacolato, dilagò in tutto l'impero romano. Nel sincretismo tipico della religione romana Iside venne assimilata con molte divinità femminili locali, quali Cibele, Demetra e Cerere, e molti templi furono innalzati in suo onore in Europa, Africa ed Asia. Il più famoso fu quello di File, l'ultimo tempio pagano ad essere chiuso nel VI secolo. Durante il suo sviluppo nell' Impero il culto di Iside si contraddistinse per processioni e feste in onore della dea molto festose e ricche. Le sacerdotesse della dea vestivano solitamente in bianco e si adornavano di fiori; a Roma, probabilmente a frutto dell' influenza del culto autoctono di Vesta, dedicavano talvolta la loro castità alla dea Iside. La decadenza nel Mediterraneo del culto di Iside fu per lo più determinata da nuove religioni misteriche quali lo Zoroastrismo e lo stesso Cristianesimo. Iside o Isis o Isi (in lingua egiziana Aset cioè trono), originaria del Delta, è la dea della maternità e della fertilità nella mitologia egizia. Divinità in origine celeste, associata alla regalità (il suo geroglifico include la parola per "trono"), faceva parte dell'Enneade. Figlia di Nut e Geb, sorella di Nefti, Seth ed Osiride, di cui fu anche sposa e dal quale ebbe Horus. Secondo il mito, raccontato nei Testi delle Piramidi e da Plutarco nel suo Iside ed Osiride, con l'aiuto della sorella Nefti assemblò le parti del corpo di Osiride, riportandolo alla vita. Per questo era considerata una divinità associata alla magia ed all'oltretomba. Aiutò a civilizzare il mondo, ed inventò il sistro; istituì il matrimonio e insegnò alle donne le arti domestiche. Iside è spesso simboleggiata da una vacca, in associazione con Hathor, ed è raffigurata con le corna bovine, tra le quali è racchiuso il sole. Nell'iconografia è rappresentata spesso come un falco o come una donna con ali di uccello e simboleggia il vento. In forma alata è anche dipinta sui sarcofagi nell’atto di prendere l’anima tra le ali per condurla a nuova vita. Solitamente viene raffigurata con una donna vestita, con in testa il simbolo del trono, che tiene in mano un loto, simbolo della fertilità o l'uadj. Frequenti anche le rappresentazioni della dea mentre allatta il figlio Horo. Il suo simbolo è il tiet, chiamato anche nodo isiaco. (un grazie a wikipedia)

Marija Gimbutas

Marija Gimbutas (Vilnius, 23 gennaio 1921Los Angeles, 2 febbraio 1994) è stata un'archeologa e linguista lituana. Studiò le culture del neolitico e dell'età del bronzo della "Vecchia Europa", un'espressione da lei introdotta. I lavori pubblicati tra il 1946 e il 1971 introdussero nuovi punti di vista nell'ambito della linguistica e dell'interpretazione della mitologia. Marija Gimbutas giunse negli Stati Uniti come rifugiata dalla Lituania nel 1949 dopo aver conseguito un dottorato (PhD) in archeologia nel 1946 alla Università di Tubinga in Germania, ma mai dimenticò le radici lituane. Iniziò all'Harvard University traducendo testi di archeologia dell'Europa orientale, e divenne assistente al Dipartimento di Antropologia. Nel 1955 divenne Fellow dell'Harvard's Peabody Museum. Nel 1956, la Gimbutas introdusse la sua "Ipotesi Kurgan", che coniugava lo studio della cultura Kurgan con la linguistica al fine di risolvere alcuni problemi concernenti gli antichi popoli parlanti il proto-indo-europeo (PIE), che qualificò come genti "Kurgan". Questa ipotesi e il suo atteggiamento multidisciplinare ebbero un impatto significativo sull'indoeuropeistica. In qualità di professore di archeologia alla UCLA University dal 1963 al 1989, Marija Gimbutas diresse i maggiori scavi dei siti del neolitico nell'Europa sud-orientale tra il 1967 e il 1980, grazie ai quali furono portati alla luce una gran quantità di manufatti artistici e di uso quotidiano risalenti ad un periodo precedente a quello che si riteneva a quel tempo l'inizio del neolitico in Europa. Gimbutas si guadagnò una reputazione di specialista mondiale dell 'età del bronzo indoeuropea, nonché del folklore lituano e della preistoria dei balti e slavi, parzialmente riassunta nel definitivo Bronze Age Cultures of Central and Eastern Europe (1965), ma ottenne una fama inaspettata con i suoi tre libri: The Goddesses and Gods of Old Europe (1974), The Language of the Goddess (1989)— che ispirò una mostra a Wiesbaden, 1993/94— ed il suo ultimo libro The Civilization of the Goddess (1991), che presenteva una panoramica delle sue teorie circa le culture del neolitico in Europa: configurazioni architettoniche, strutture sociali, arte, religione e letteratura. Il libro discuteva le differenze tra gli elementi del sistema della "vecchia Europa", da lei considerato matriarcale e ginocentrico, e la cultura patriarcale portata dagli indoeuropei nell'età del bronzo. Secondo la Gimbutas, questi due sistemi si sarebbero fusi generando le società classica dell'Europa storica. Nel suo lavoro la Gimbutas reinterpretò la preistoria europea alla luce delle sue conoscenze in Linguistica, etnologia e storia delle religioni, proponendo così un quadro in contrasto con le tradizionali assunzioni circa l'inizio della civilità europea. Joseph Campbell e Ashley Montagu ritennero paragonabile il contributo di Marija Gimbutas alla Stele di Rosetta e la decifrazione dei geroglifici egiziani. Campbell scrisse la prefazione ad una edizione del The Language of the Goddess (1989), prima che la Gimbutas morisse, e spesso diceva di quanto profondamente si rammaricasse che le sue ricerche sulle culture del neolitico dell'Europa non fossero disponibili nel tempo in cui lui stava scrivendo The Masks of God. I suoi articoli sono archiviati insieme con quelli della Gimbutas alla "Joseph Campbell and Marija Gimbutas library", al Pacifica Graduate Institute, a sud di Santa Barbara, California. Joan Marler scrisse: « Sebbene l'interpretazione dell'ideologia delle società preistoriche sia considerata inopportuna nella ricerca archeologica, per Maria era ovvio che ciascun aspetto della cultura della Vecchia Europa espresse un sofisticato simbolismo religioso. Pertanto si dedicò allo studio esaustivo dell'iconografia e del simbolismo del Neolitico al fine di scoprirne i significati sociali e mitologici. Per realizzare ciò fu necessario allargare gli orizzonti dell'archeologia descrittiva al fine di includere linguistica, mitologia, comparazione delle religioni e lo studio storiografico. Lei definì questo approccio interdisciplinare, 'archeomitologia'. » L'ipotesi Kurgan è quella che riceve maggiori consensi circa la diffusione delle lingue indoeuropee I critici sostengono che gli oggetti ritrovati nelle sepolture, di cui la Gimbutas non tiene conto, suggeriscano in realtà che nel Neolitico vi fossero ruoli sociali più usuali per i sessi; contestano l'enfasi data alla figura femminile quando in realtà sono presenti anche molte figure maschili o asessuate. Andrew Fleming [1], "The Myth of the Mother Goddess," (World Archaeology 1969) nega che la spirale Neolitica, i cerchi, ed i punti siano simboli che rappresentano gli occhi; che gli occhi, le facce e le figure asessuate siano simboli femminili; o che certe figure femminili possano rappresentare divinità. Peter Ucko [2] giunge ad ipotizzare che quelle figure femminili che la Gimbutas presumeva fossero simbolo della fertilità, fossero in realtà vere e proprie bambole del Neolitico. I suoi tentativi di decifrare i segni Neolitici come ideogrammi, in The Language of the Goddess (1989), ricevettero la più dura opposizione. (grazie a wikipedia)

La Dea Madre

La Grande Madre è una divinità femminile primordiale, presente in quasi tutte le mitologie note, in cui si manifestano la terra, la generatività, il femminile come mediatore tra l'umano e il divino. Alcuni la considerano sorta durante una mitica fase matriarcale, che le società di cacciatori-raccoglitori avrebbero condiviso. Il culto della Grande Madre risale al Neolitico e forse addirittura al Paleolitico, se si leggono in questo senso le numerose figure femminili steatopigie (c.d. "Veneri") ritrovate in tutta Europa, di cui naturalmente non conosciamo il nome. Lungo le generazioni, con gli spostamenti di popoli e la crescita di complessità delle culture, le "competenze" della Grande Madre si moltiplicarono in diverse divinità femminili. Per cui la Grande Dea, pur continuando ad esistere e ad avere culti propri, assumerà personificazioni distinte, per esempio, per sovrintendere all'amore sensuale (Ishtar-Astarte-Afrodite pandemia-Venere), alla fertilità delle donne (Ecate triforme, come 3 sono le fasi della vita), alla fertilità dei campi (Demetra / Cerere e Persefone / Proserpina), alla caccia (Artemide-Diana). Inoltre, siccome il ciclo naturale delle messi implica la morte del seme, perché esso possa risorgere nella nuova stagione, la grande dea è connessa anche a culti legati al ciclo morte-rinascita e alla Luna, che da sempre lo rappresenta (i più arcaici di questi riti sono riservati alle donne, come quello di Mater Matuta o della Bona Dea). Ad esempio, nelle feste e nei misteri in onore del gruppo Demetra / Cerere-Persefone / Proserpina, il suo culto segna il volgere delle stagioni, ma anche la domanda dell'uomo di rinascere come il seme rinasce dalla terra. L'evoluzione teologica della figura della Grande Madre (giacché nulla va perduto, nel labirinto della mitologia) venne costantemente rappresentata da segnali di connessione tra le nuove divinità e quella arcaica. Finché le religioni dominanti ebbero carattere politeistico, un segno certo di connessione consisteva nella parentela mitologica attestata da mitografi e poeti antichi (ad esempio, Ecate è figlia di Gea; Demetra è figlia di Rea). Altro carattere che permette di riconoscere le tracce della Grande Dea nelle sue più tarde eredi, è poi la ripetizione di specifici attributi iconologici e simbolici che ne richiamano l'orizzonte originario. Ad esempio: il dominio sugli animali, che accomuna i leoni alati che accompagnano Ishtar, la cerva di Diana e il serpente ctonio della dea cretese; l'ambientazione tra rupi (o in caverne, a ricordare il carattere ctonio della divinità originale) e boschi, o presso acque; il carattere e i culti notturni. Anche nel mutare delle religioni, la memoria della divinità arcaica, "signora" di luoghi o semplicemente di bisogni umani primari, si mantenne e si trasmise lungo le generazioni, dando luogo a culti forse inconsapevolmente sincretistici (le cui ultime propaggini possono essere considerate, ad esempio, le molte Madonne Nere venerate in Europa). Nell'area mediterranea ne conosciamo i nomi e le storie, nelle diverse civilizzazioni in cui si impose, dall'epoca protostorica: in area mesopotamica (V millennio AC): Ninhursag in area anatolica (II millennio AC): Cibele in area greca: Gea in area etrusca: Mater Matuta in area romana: Bona Dea o Magna Mater La variante nordica della Grande Madre, portata fino alle Isole britanniche da migrazioni di popoli pre-achei verso nord ovest, è secondo Robert Graves la Dea Bianca della mitologia celtica (colei che a Samotracia si chiamava Leucotea e proteggeva i marinai nei naufragi). (grazie a wikipedia)

domenica 14 dicembre 2008

Twilight I vampiri sono tra noi

Twilight è il primo libro di Stephenie Meyer, pubblicato nel 2005 negli Stati Uniti e nel 2006 in Italia. È un romanzo dedicato ad un pubblico giovane che ha riscosso molto successo negli Stati Uniti ed è sbarcato in Italia ottenendo il medesimo risultato. Il 21 novembre 2008 è uscito il film Twilight tratto dal libroIsabella Swan decide di trasferirsi dalla soleggiata Phoenix alla piovosa cittadina di Forks nello stato di Washington per vivere con il padre Charlie e lasciare libera la madre, Renée, di viaggiare con il nuovo marito Phil Dwyer, un giocatore di baseball di serie B. Alla nuova scuola, Bella (come preferisce farsi chiamare) viene accettata in fretta dai compagni e molti ragazzi le dedicano attenzioni, ma Bella continua a pensare che Forks sia una città noiosa, finché non incontra lo sguardo di Edward Cullen durante la pausa pranzo scolastica. Osservandolo accuratamente durante la lezione di biologia, Bella capisce che Edward nasconde qualcosa, ma nessuna delle sue teorie la porta a comprendere la reale natura soprannaturale del ragazzo. Bella è convinta che Edward la odi dal primo momento in cui l’ha incontrata, ma questo suo comportamento cambia gradualmente, fino ad indurlo a salvarla da un furgoncino che sta per investirla. Anche dopo il salvataggio, Edward continua a sostenere di essere pericoloso ed esorta Bella a stargli lontano.. Successivamente, Jacob Black, figlio di Billy, caro amico del padre di Bella, appartenente alla tribù dei Quileute, le racconta una leggenda secondo la quale i Cullen sono banditi dalla riserva indiana in quanto vampiri, nonostante si siano imposti di nutrirsi solo di sangue animale e mai umano. Sebbene la natura di Edward e della sua famiglia crei non pochi problemi, lui e Bella si innamorano. La loro preoccupazione principale nasce dal fatto che Edward è irresistibilmente attratto dall’odore del sangue della ragazza e deve trattenersi dal morderla. La sera in cui Bella viene invitata ad assistere ad una partita di baseball giocata da Edward e famiglia, tre vampiri, James, Victoria e Laurent, fanno la loro apparizione dal bosco e sentono l’odore di Bella. James, un segugio impeccabile, inizia a darle la caccia e Bella, aiutata dai Cullen, è costretta a scappare a Phoenix. Con un inganno, James riesce ad attirare Bella nella sua vecchia scuola di ballo per ucciderla. Bella viene morsa da James, e solo l’intervento provvidenziale di Edward, che resiste alla tentazione del suo sangue grazie all'amore che prova per lei, la salverà dalla trasformazione. Il giorno del ballo di fine anno, Bella chiede nuovamente ad Edward di trasformarla in vampiro, ma lui si oppone. Isabella Swan, detta anche Bella, è la voce narrante del libro, ed ogni cosa è vista attraverso i suoi occhi. Charlie Swan, padre di Isabella, è Capo della Polizia di Forks. Renée Dwyer, madre di Isabella, vive a Phoenix prima ed a Jacksonville poi; si è risposata con Phil Dwyer dopo aver lasciato Charlie diciassette anni prima; Phil Dwyer, nuovo marito di Renèe quindi patrigno di Bella. Allena squadre giovanili a baseball. Angela Weber, la migliore amica umana di Bella, riservata e gentile. Jessica Stanley, la prima amica che Bella si è fatta a scuola. Mike Newton, amico di Bella invaghito perso di lei fin dal primo giorno. Ben Cheney, accompagnatore di Angela al ballo. Jacob Black, indiano Quileute, figlio di Billy Black, che svela a Bella la vera identità di Edward; Billy Black, padre di Jacob, vedovo, è il miglior amico di Charlie Swan. Sam Uley, indiano Quileute, capo del branco dei licantropi, amico di Jacob Black Harry Clearwater, amico di vecchia data di Charlie. Edward Cullen, vampiro, figlio adottivo di Carlisle e Esme Cullen, ha il potere di leggere nelle menti di tutte le persone, tranne che di Bella, ed è incredibilmente veloce. Carlisle Cullen, vampiro, dottore di straordinario talento all'ospedale di Forks. Esme Cullen, vampira, moglie di Carlisle Cullen, in Twilight il suo personaggio è poco trattato. La sua maggiore caratteristica in questo libro è il suo istinto materno. Alice Cullen, vampira, componente della famiglia Cullen, diviene presto amica di Bella, ha la capacità di prevedere il futuro nel momento stesso in cui viene presa la decisione di agire. Emmett Cullen, vampiro, componente della famiglia Cullen, è dotato di un'impressionante forza fisica. Rosalie Hale, vampira, componente della famiglia Cullen, è descritta come bellissima e testarda. Jasper Hale, vampiro, componente della famiglia Cullen, è in grado di percepire e controllare i sentimenti di chi gli sta intorno. Laurent, vampiro, in viaggio con James e Victoria (e apparentemente capo del trio) incrocia i Cullen e Bella. James, vampiro, con Laurent e Victoria si imbatte nei Cullen e in Bella. All'odore dell'umana esce il suo istinto di cacciatore. Victoria, vampira, compagna di James. ...e questo è il sito ufficiale della Meyerhttp://www.stepheniemeyer.com/