sabato 27 dicembre 2008
Marija Gimbutas
Marija Gimbutas (Vilnius, 23 gennaio 1921 – Los Angeles, 2 febbraio 1994) è stata un'archeologa e linguista lituana. Studiò le culture del neolitico e dell'età del bronzo della "Vecchia Europa", un'espressione da lei introdotta. I lavori pubblicati tra il 1946 e il 1971 introdussero nuovi punti di vista nell'ambito della linguistica e dell'interpretazione della mitologia.
Marija Gimbutas giunse negli Stati Uniti come rifugiata dalla Lituania nel 1949 dopo aver conseguito un dottorato (PhD) in archeologia nel 1946 alla Università di Tubinga in Germania, ma mai dimenticò le radici lituane. Iniziò all'Harvard University traducendo testi di archeologia dell'Europa orientale, e divenne assistente al Dipartimento di Antropologia. Nel 1955 divenne Fellow dell'Harvard's Peabody Museum.
Nel 1956, la Gimbutas introdusse la sua "Ipotesi Kurgan", che coniugava lo studio della cultura Kurgan con la linguistica al fine di risolvere alcuni problemi concernenti gli antichi popoli parlanti il proto-indo-europeo (PIE), che qualificò come genti "Kurgan". Questa ipotesi e il suo atteggiamento multidisciplinare ebbero un impatto significativo sull'indoeuropeistica.
In qualità di professore di archeologia alla UCLA University dal 1963 al 1989, Marija Gimbutas diresse i maggiori scavi dei siti del neolitico nell'Europa sud-orientale tra il 1967 e il 1980, grazie ai quali furono portati alla luce una gran quantità di manufatti artistici e di uso quotidiano risalenti ad un periodo precedente a quello che si riteneva a quel tempo l'inizio del neolitico in Europa.
Gimbutas si guadagnò una reputazione di specialista mondiale dell 'età del bronzo indoeuropea, nonché del folklore lituano e della preistoria dei balti e slavi, parzialmente riassunta nel definitivo Bronze Age Cultures of Central and Eastern Europe (1965), ma ottenne una fama inaspettata con i suoi tre libri: The Goddesses and Gods of Old Europe (1974), The Language of the Goddess (1989)— che ispirò una mostra a Wiesbaden, 1993/94— ed il suo ultimo libro The Civilization of the Goddess (1991), che presenteva una panoramica delle sue teorie circa le culture del neolitico in Europa: configurazioni architettoniche, strutture sociali, arte, religione e letteratura. Il libro discuteva le differenze tra gli elementi del sistema della "vecchia Europa", da lei considerato matriarcale e ginocentrico, e la cultura patriarcale portata dagli indoeuropei nell'età del bronzo. Secondo la Gimbutas, questi due sistemi si sarebbero fusi generando le società classica dell'Europa storica.
Nel suo lavoro la Gimbutas reinterpretò la preistoria europea alla luce delle sue conoscenze in Linguistica, etnologia e storia delle religioni, proponendo così un quadro in contrasto con le tradizionali assunzioni circa l'inizio della civilità europea.
Joseph Campbell e Ashley Montagu ritennero paragonabile il contributo di Marija Gimbutas alla Stele di Rosetta e la decifrazione dei geroglifici egiziani. Campbell scrisse la prefazione ad una edizione del The Language of the Goddess (1989), prima che la Gimbutas morisse, e spesso diceva di quanto profondamente si rammaricasse che le sue ricerche sulle culture del neolitico dell'Europa non fossero disponibili nel tempo in cui lui stava scrivendo The Masks of God. I suoi articoli sono archiviati insieme con quelli della Gimbutas alla "Joseph Campbell and Marija Gimbutas library", al Pacifica Graduate Institute, a sud di Santa Barbara, California.
Joan Marler scrisse:
« Sebbene l'interpretazione dell'ideologia delle società preistoriche sia considerata inopportuna nella ricerca archeologica, per Maria era ovvio che ciascun aspetto della cultura della Vecchia Europa espresse un sofisticato simbolismo religioso. Pertanto si dedicò allo studio esaustivo dell'iconografia e del simbolismo del Neolitico al fine di scoprirne i significati sociali e mitologici. Per realizzare ciò fu necessario allargare gli orizzonti dell'archeologia descrittiva al fine di includere linguistica, mitologia, comparazione delle religioni e lo studio storiografico. Lei definì questo approccio interdisciplinare, 'archeomitologia'. »
L'ipotesi Kurgan è quella che riceve maggiori consensi circa la diffusione delle lingue indoeuropee
I critici sostengono che gli oggetti ritrovati nelle sepolture, di cui la Gimbutas non tiene conto, suggeriscano in realtà che nel Neolitico vi fossero ruoli sociali più usuali per i sessi; contestano l'enfasi data alla figura femminile quando in realtà sono presenti anche molte figure maschili o asessuate.
Andrew Fleming [1], "The Myth of the Mother Goddess," (World Archaeology 1969) nega che la spirale Neolitica, i cerchi, ed i punti siano simboli che rappresentano gli occhi; che gli occhi, le facce e le figure asessuate siano simboli femminili; o che certe figure femminili possano rappresentare divinità.
Peter Ucko [2] giunge ad ipotizzare che quelle figure femminili che la Gimbutas presumeva fossero simbolo della fertilità, fossero in realtà vere e proprie bambole del Neolitico.
I suoi tentativi di decifrare i segni Neolitici come ideogrammi, in The Language of the Goddess (1989), ricevettero la più dura opposizione.
(grazie a wikipedia)
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1 commento:
adoro questa donna, grandissima come archeologo e come persona!
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